Come avevamo già segnalato, gli aborti clandestini sono in crescita esponenziale. Riportiamo qui di seguito due articoli pubblicati su la Stampa a proposito dello ‘spaccio’ di Cytotec a Milano, un analizzatore importante per capire come la presenza di obiettori negli ospedali e nei consultori sommata al panico generato dalle leggi razziste rappresenti un pericolo per tutte.
Non abbiamo dubbi che in questo paese ipocrita e bigotto ora si assisterà alla criminalizzazione delle donne che procurano il Cytotec e di quello che ne fanno uso anziché risolvere il cuore del problema: il diritto per tutte le donne di accedere alle strutture sanitarie senza dover subire umiliazioni, lunghe trafile o rischiare di esser denunciate perché senza permesso di soggiorno.
Ricordiamo alle donne, italiane e migranti, che a pochi metri dalla fermata di Loreto – in via dei Transiti, MM1 Pasteur – c’è la Consultoria autogestita a cui potete rivolgervi per essere indirizzate a strutture pubbliche che non denunciano e che non contrastano il diritto delle donne di scegliere se e quando essere madri.
Questi i nostri orari: il primo martedì del mese dalle 14.30 alle 18.00; tutti gli altri martedì dalle 16.00 alle 19.00.
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Morire d’aborto in Italia nel 2009…
Chiuso il servizio di IVG al II Policlinico del Centro Storico di Napoli
Ivg transfrontaliere
A titolo informativo pubblichiamo questo articolo che non ci sorprende affatto in quanto, più che evidenziare un problema di privacy, riflette la disassistenza programmata denunciata quasi un anno fa nell’assemblea milanese di OgO.
I viaggi per l’aborto in Svizzera «Una donna su tre è italiana»
Su 682 aborti eseguiti nel 2008, più di 200 sono stati richiesti da italiane. Picco di interventi in Canton Ticino
MILANO – È italiana quasi una donna su tre, di quelle che hanno interrotto la gravidanza in Ticino lo scorso anno. A lanciare l’allarme sul «turismo abortivo» in Svizzera è stato Carlo Luigi Caimi, avvocato e deputato del Gran Consiglio per il Ppd (la corrente dei democristiani), che giovedì scorso ha presentato una interpellanza al Consiglio di Stato denunciando il totale fallimento della politica di prevenzione del Cantone. I dati sono stati elaborati dall’Ufficio statistica e dall’Ufficio del medico cantonale. Nel 2008 in Ticino sono stati fatti 682 aborti, con un incremento dell’11,25% rispetto all’anno precedente (la tendenza italiana è -3,9%). Nel 33 per cento dei casi le donne erano residenti «all’estero».
Breve storia della RU486
Per scelta non abbiamo riportato qui l’ammorbante dibattito delle ultime settimane sull’introduzione della RU486 in Italia; preferiamo proporre la lettura di questa intervista al suo ‘inventore’ che ripercorre vent’anni di fatti e misfatti.
La nostra posizione rimane, per altro, quella di ribadire l’importanza della sessualità consapevole come miglior mezzo per prevenire gravidanze indesiderate e, di conseguenza, l’aborto.
Il Dottor Pillola: "La mia Ru486 vi spiego perché va difesa"
Parla Emile-Etienne Baulieu, il padre della pillola abortiva che dall’anno prossimo arriverà, tra le polemiche, anche in Italia
di ANAIS GINORI
PARIGI – Nel caos organizzato del suo ufficio, l’opera completa di Pasteur e le ultime riviste scientifiche si mischiano ai frivoli schizzi della pittrice Niki de Saint Phalle. Per entrare bisogna superare pile di libri a terra. Sulla scrivania, accanto ai figli e ai nipoti, c’è la fotografia di Gregory Pincus, padre della pillola contraccettiva. All’età di ottantadue anni appena compiuti, Emile-Etienne Baulieu dovrebbe già essere in pensione. Ma continua ad occupare attivamente una stanza all’Inserm di Parigi,l’istituto nazionale per la ricerca, dove dirige e smista consulenze, ricerche,conferenze. E’ l’inventore della pillola abortiva. Mister Ru486. Ovvero l’acronimo tra la casa farmaceutica (Roussel-Uclaf) e il numero della molecola di mifepristone. La pillola della discordia, "kill pill" per i nemici,che in Italia non è mai stata approvata. "Non mi faccia polemizzare" premette subito lui, dopo essersi inchinato per un desueto baciamano. In realtà, Baulieu è abituato a fare l’avvocato di se stesso.
Il ‘decreto sicurezza’ scavalca i diritti sanitari?
Nonostante la legge ancora (ma per quanto?) garantisca il diritto all’assistenza sanitaria per tutte/i, compresa l’Ivg, come avevamo già specificato nel vademecum, una donna ghanese sprovvista del permesso di soggiorno è stata arrestata a Treviso dopo un’interruzione di gravidanza in una struttura pubblica.
Questa notizia gravissima, apparsa nel sito della Società italiana di medicina delle migrazioni, ci dice molto sugli effetti collaterali del ‘decreto sicurezza’…
Un accanimento inutile e dannoso. Si presenta in ospedale per sottoporsi ad una interruzione volontaria di gravidanza ma la polizia, al termine dell’intervento, la arresta perche’ irregolare. E’ accaduto a Treviso ad una ragazza ghanese di 20 anni, senza fissa dimora. Il presidente della provincia di Pordenone afferma “La norma che vieta di segnalare alle autorità i clandestini che utilizzano le strutture sanitarie è un’autentica vergogna” e chiede al ministro dell’Interno Maroni di attivarsi per rivedere gli articoli legislativi riguardanti l’assistenza sanitaria a chi risiede illegalmente in Italia. In particolare propone di abrogare la disposizione che prevede il divieto per il personale sanitario di segnalare alle autorità di Polizia i clandestini che richiedono aiuto medico.
La SIMM risponde dal sito di La Repubblica-Metropoli.
fonte: http://www.simmweb.it/
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“Mobbizzati perché applichiamo la 194”
A difesa della legge, dell’etica professionale e della salute della donna i ginecologi non obiettori fondano l’associazione L.A.I.G.A.
Per capire meglio la regressione della civiltà nel nostro paese basterebbe andare nei reparti di ginecologia dove, oramai, sono rari come le mosche bianche i medici non obiettori. Sono rimasti talmente in pochi da essere isolati e in molti casi derisi, emarginati professionalmente e addirittura mobbizzati. Sono talmente impauriti che quelli tra loro che praticano l’aborto terapeutico vengono visti come estremisti dell’autodeterminazione della donna.
La ginecologa romana Silvana Agatone ha preso coraggio e ha denunciato pubblicamente questo stato di disagio: «Quanti siamo e chi siamo noi ginecologi ospedalieri che affrontiamo le tematiche dell´aborto terapeutico in ospedale? Non lo sappiamo, perché non esiste una lista delle regioni, né all´istituto superiore di sanità, né al ministero della Salute», scrive in una lettera ai giornali. Leggi tutto ““Mobbizzati perché applichiamo la 194””
E’ estate, vietato abortire. Donna rimane in corsia
L’intervento terapeutico negato a una paziente ricoverata al San Camillo di Roma
L’unico anestesista non in ferie è obiettore e si è rifiutato di operare
La diagnosi prenatale parla di "feto idrocefalo e displasia renale bilaterale"
di LAURA SERLONI
ROMA – Tutti in ferie gli anestesisti non obiettori del centro per le Interruzioni volontarie di gravidanza dell’ospedale San Camillo-Forlanini. E una donna resta bloccata quattro lunghi giorni in astanteria, aspettando l’aborto terapeutico. Dolori lancinanti e stress, ma nessuno interviene. Tutto rimandato a lunedì. Nella speranza che, nel pieno della settimana ferragostana, si trovi un medico non obiettore disponibile a infilarsi il camice.
La diagnosi, stilata da un centro di Verona specializzato in analisi prenatale, è chiara. Parla di "feto idrocefalo e displasia renale bilaterale". In altre parole il cervello del piccolo sarebbe pieno di liquido amniotico e proprio per la malformazione ai reni non riuscirebbe a respirare fuori dal grembo materno. La patologia è stata riscontrata solo al quinto mese di gravidanza. E l’unica soluzione prospetta dai sanitari è l’aborto terapeutico, ma i tempi sono strettissimi. Per la legge 194, l’interruzione di gravidanza non può essere eseguita oltre la ventiduesima settimana. Restano quattordici giorni, durante i quali bisogna riuscire a trovare un centro per l’intervento.
L’ospedale più vicino per la donna è quello di Borgo Roma nel veronese. "Nonostante i numerosi referti che indicano la gravissima patologia – racconta il marito – volevano far fare a mia moglie altri accertamenti e protrarre i tempi. Ma le condizioni erano così critiche che rimandare ulteriormente l’intervento mi sembrava una follia. Così ci hanno consigliato di venire al San Camillo, ma qui la nostra via crucis continua".
La paziente martedì arriva a Roma. Non ci sono stanze. O meglio, nel reparto di Ostetricia è disponibile un solo letto per l’interruzione volontaria di gravidanza. Per la carenza di infermieri non c’è posto nel padiglione di Ginecologia. Il giorno dopo la trentenne viene ricoverata con urgenza. Passano le ore. Niente. Le vengono somministrati farmaci per indurre il parto, ma l’utero non si allarga. Nel sangue è alta la concentrazione di medicinali. La pressione arteriosa è flebile. Per i sanitari, l’unica soluzione è l’intervento chirurgico. Occorre l’epidurale per garantire l’effetto sedante. Ma nell’ospedale non si trovano anestesisti, sono in vacanza e sul piano delle presenze la scritta "in ferie" corre sui vari nomi.
L’unico di turno, obiettore di coscienza, si rifiuta di procedere. Quindi, l’operazione è rinviata. A quando non si sa. Gli spasmi sono lancinanti. Gli antidolorifici fanno effetto, ma la donna è costretta a restare sdraiata, immobile nel letto, ancora per giorni. Il fine settimana è off limits. Si ferma anche la somministrazione di farmaci per indurre il parto perché il sangue si depuri. "Se ne riparlerà lunedì", tagliano corto i medici.
"Non mi hanno dato nessuna certezza – si sfoga la paziente – e la cosa assurda è che sono in balia del caso e delle vacanze dei sanitari. Finora mi sono solo sentita ripetere "si vedrà". Non mi hanno dato dei tempi certi e il termine per eseguire l’aborto scade giovedì, poi sarò costretta a tenere il bambino fino al nono mese, ma nascerà comunque morto. Se volessi cambiare ospedale dovrei ricominciare tutto daccapo: altri accertamenti, nuove visite, ancora impegnative e ulteriori affanni. Così molte donne sono costrette ad andare all’estero, dove tutto sembra più semplice". Insomma, gli stessi problemi sono rimandati all’inizio della settimana prossima, sperando che allora scendano in campo anestesisti non obiettori. Altrimenti bisognerà aspettare ancora.
fonte: repubblica
Inchiesta sul business della sanità in Italia
Le mani sulla sanità
di Paolo Biondani e Daniela Minerva
Cento miliardi l’anno. È il costo della salute in Italia. Una torta da spartire per la politica. Tra nomine, appalti e rimborsi a privati. Un business che sempre più spesso finisce nel mirino della magistratura
Oggi è in cronaca l’Abruzzo. Un mese fa c’era la Lombardia. Prima il Piemonte, la Puglia, il Lazio, la Calabria: da almeno 15 anni, decine di indagini giudiziarie documentano migliaia di truffe, sprechi, clientelismi, favoritismi, disservizi, frodi criminali, corruzioni e infiltrazioni mafiose. La salute degli italiani muove un giro d’affari di oltre 100 miliardi di euro. Che molti vedono come una torta da spartire. E i pm di Milano che indagano sulla Santa Rita e le altre "cliniche degli orrori", in un’audizione segreta al Senato, finiscono col descrivere la sanità come «un sistema che fa diventare i reati una prassi».
Come è potuto succedere? Da un lato c’è un flusso continuo, e da decenni in crescita, di denaro pubblico a disposizione per appalti, convenzioni con strutture accreditate, gente da assumere. Dall’altra ci sono i partiti alla guida delle Regioni, che stringono la morsa su ospedali e Asl attraverso il loro plenipotenziario, il direttore generale. Dopo la legge Bindi di riforma del Servizio sanitario nazionale del 1999, il manager è nominato dal governatore, quindi dalla politica, ed è lui che decide tutto: dai contratti alla scelta dei primari. In mezzo ci sono i medici, che maledicono quella legge che ha tolto loro tutto il potere e li ha messi nelle mani della politica; e i malati, che in molte parti d’Italia fanno sentire la loro voce e minacciano chi li governa, ma in molte altre no. Leggi tutto “Inchiesta sul business della sanità in Italia”
Guerra sulla pillola del giorno dopo in Puglia
L´assessore ordina: "Sarà distribuita in tutti gli ospedali pugliesi"
Il pronto soccorso generale del Policlinico di Bari distribuirà da oggi la pillola del giorno dopo. E lo stesso dovranno fare, il prima possibile, anche tutte le strutture d´emergenza degli ospedali pugliesi. A disporlo è stato direttamente l´assessore alla Sanità, Alberto Tedesco, dopo l´interrogazione presentata da due consiglieri regionali di maggioranza. «Visto che il pronto soccorso di ginecologia, e in particolare il suo primario Giuseppe Varcaccio, pongono problemi, ho chiesto al direttore sanitario del Policlinico, Dattoli, di disporre ad horas la distribuzione del farmaco al pronto soccorso generale. L´unico interesse in questo momento – spiega Tedesco – è tutelare il diritto delle donne affinché possano accedere a quel tipo di farmaco che non è abortivo, ma contraccettivo. In un secondo momento poi si valuterà se la decisione di Varcaccio è legittima». Leggi tutto “Guerra sulla pillola del giorno dopo in Puglia”