Il connubio fra leggi razziste ed obiettori di coscienza genera aborti clandestini

Come avevamo già segnalato, gli aborti clandestini sono in crescita esponenziale. Riportiamo qui di seguito due articoli pubblicati su la Stampa a proposito dello ‘spaccio’ di Cytotec a Milano, un analizzatore importante per capire come la presenza di obiettori negli ospedali e nei consultori sommata al panico generato dalle leggi razziste rappresenti un pericolo per tutte.
Non abbiamo dubbi che in questo paese ipocrita e bigotto ora si assisterà alla criminalizzazione delle donne che procurano il Cytotec e di quello che ne fanno uso anziché risolvere il cuore del problema: il diritto per tutte le donne di accedere alle strutture sanitarie senza dover subire umiliazioni, lunghe trafile o rischiare di esser denunciate perché senza permesso di soggiorno.
Ricordiamo alle donne, italiane e migranti, che a pochi metri dalla fermata di Loreto – in via dei Transiti, MM1 Pasteur – c’è la Consultoria autogestita a cui potete rivolgervi per essere indirizzate a strutture pubbliche che non denunciano e che non contrastano il diritto delle donne di scegliere se e quando essere madri.
Questi i nostri orari: il primo martedì del mese dalle 14.30 alle 18.00; tutti gli altri martedì dalle 16.00 alle 19.00.

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2/11/2009 (7:27) – REPORTAGE
Spacciatori d’aborto nel metrò
Milano, per pochi euro indirizzi di medici e pastiglie per il distacco della placenta
ELENA LISA
MILANO
Di quanti mesi sei? Ce l’hai venticinque euro?». Cinque del pomeriggio, attorno alla Stazione Centrale di Milano e nei sotterranei della metropolitana non serve sprecare molte parole. Basta accarezzarsi la pancia e accennare a un «problema». Inutile cercare visi loschi, imparare codici particolari o segnali stabiliti. Per agganciare chi possa offrirti la «soluzione» e bloccare la tua gravidanza è sufficiente camminare un po’, guardarti attorno, fermare le persone che sembrano aspettare qualcosa o qualcuno. Poi ti sfiori il ventre e spieghi: «Sono incinta. Puoi aiutarmi?». E le offerte arrivano, pastiglie da prendere a manciate o indirizzi di medici compiacenti: «bravi, italiani, fanno tutto a casa loro». Nel centro di Milano, in mezzo alla gente, in un pomeriggio qualsiasi.
La soluzione più economica si chiama «Cytotec», un farmaco contro l’ulcera che preso a dosi massicce provoca le contrazioni fino a provocare l’aborto. In farmacia, la confezione da trenta costa meno di quindici euro. Qui ne vogliono venticinque per cinque pasticche che passano di mano in mano, ma se sei clandestina e non hai documenti da mostrare all’ospedale le alternative non sono poi molte. Ma anche per le altre, le «regolari», magari italiane, la tentazione può essere forte.
La paura
«Le donne che abortiscono lo fanno per disperazione – dice Basilio Tiso, direttore sanitario della clinica Mangiagalli di Milano -. Le italiane, soprattutto, scelgono di farlo perché non arrivano a fine mese per colpa della crisi, hanno mariti con lavori precari oppure sono loro a essere al primo impiego e hanno paura di essere licenziate. Quelle che ricorrono all’aborto clandestino sono rare, ma ci sono: perché sono minorenni, perché hanno superato il limite dei tre mesi di gestazione consentito per legge, oppure per via dei tempi lunghi delle liste d’attesa in ospedale». Una volta, per abortire bastava una settimana, spiega Mauro Buscaglia, primario di ostetricia e ginecologia all’ospedale San Carlo, «ma oggi, con l’aumento dei medici obiettori, non è facile formare l’équipe per eseguire l’intervento. E intanto il tempo passa, di settimane ce ne vogliono quasi due. Per le donne straniere, poi, il problema è ancora più serio: da quando la clandestinità è diventata reato, in ospedale preferiscono non entrarci proprio. Hanno paura di essere denunciate anche se da noi, pacchetto sicurezza o no, nessuna è mai stata segnalata. E nessuna lo sarà mai».
Ma chi non ha il passaporto o il permesso di soggiorno non si fida. Così la voce delle pastiglie che fanno tutto da sole si sparge, e molte scendono nei sotterranei della metropolitana. E negli ospedali milanesi si moltiplicano i ricoveri dopo gli aborti dichiarati «spontanei»: «Gravidanze interrotte naturalmente» dicono le gestanti. Ma, sempre più spesso, le loro parole sono smentite dai medici che vedono arrivare al pronto soccorso e nei reparti donne con tipiche perdite di sangue da Cytotec. La crescita è più evidente nelle città del Nord: gli aborti spontanei in Lombardia sono passati da 10.779 nel 1997 a 12.151 nel 2006, anno degli ultimi dati Istat. E il trend, dicono gli operatori, sembra in netto aumento. Il San Carlo, negli anni, è diventato il punto di riferimento degli immigrati. È qui che la settimana scorsa Ana Maria, brasiliana di trentadue anni, ha rischiato la vita: «È arrivata al pronto soccorso con la febbre alta, la placenta semistaccata e una grave emorragia – racconta Buscaglia – Aveva interrotto la gravidanza con ventisette pastiglie di Cytotec, l’abuso del farmaco è stato devastante. Ma Ana Maria, per noi, non è un caso isolato: sono in molte che ci raccontano di aver comprato le pillole al mercato nero, e poi di non aver saputo come e quante prenderne». E tra queste non mancano le italiane.
La diffidenza
Alle cinque e mezzo, la fermata della metro di Piazzale Loreto è un via vai di giovani, coppie, adulti e bambini in carrozzina. Appoggiate a una ringhiera, due ragazze con i capelli lunghi e scuri, dai tratti sudamericani, parlano nella zona di passaggio, non troppo distante dai tornelli dove si timbra. Più giù, al binario, dietro la linea gialla, la gente in piedi o seduta sulle panchine ha l’aria di aspettare nient’altro che il treno.
Dieci minuti più tardi, le due ragazze sono ancora lì e allora provi, ti apri il cappotto, appoggi una mano sulla pancia e ripeti il ritornello: «Sto cercando una medicina, ma non ho la ricetta. Potete aiutarmi?». Le due si guardano e una fa un cenno verso il distributore automatico di biglietti: «Se vuoi il Cytotec vai dalla ragazza con la gonna lunga». Pochi scalini e sei da lei, che ti propone: «Vieni con me al campo nomadi. Di quanti mesi sei?». Le rispondi e lei ha già cambiato tono, è chiaro che non si fida: «Ma tu sei italiana, non ce l’hai un medico? No, non posso portarti al campo, sto lavorando», taglia corto, mentre mostra alle persone dove infilare le monete, senza guardarti più. Due fermate di metropolitana e da piazzale Loreto ti trovi alla Stazione Centrale. Nel sottopassaggio ci sono ambulanti che vendono ombrelli colorati, ben disposti su un lenzuolo bianco disteso per terra. In fondo, le scale mobili che portano in superficie. Qui, il fatto che tu sia italiana non fa paura a nessuno.
L’italiano
Vicino ai chioschi accanto alla Centrale, dove si vendono panini e bibite, due donne ferme sul marciapiede si riparano sotto l’ombrello. Si può tentare anche con loro. La più giovane, bella come una modella, con una treccia bionda lunga fino alla schiena, jeans e stivali, ascolta la richiesta d’aiuto mentre con gli occhi segue la mano che si appoggia poco più giù dello stomaco. Poi parlotta con quella accanto, più bassa, più anziana. Un dialogo in una lingua dell’Est. Solo una parola, chiara, netta, si capisce bene: Cytotec. «Ci sono delle pastiglie, ma per te è meglio un dottore. Se non fanno effetto, all’ospedale ci devi correre comunque.
E poi tu sei italiana, non rischi niente. Se vuoi ti do il numero di uno bravo, che non chiede molti soldi. In quattro ore e con 1.500 euro sei come prima. Ti fa una puntura nel braccio, ti schiaccia la pancia. E quando ti svegli è tutto finito». Non sono ancora le sei, è bastata un’ora e mi sono organizzata un aborto.
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13/11/2009 (7:31) – LA VENDITA CLANDESTINA NEL METRO’
Spacciatori d’aborto
Ora parte l’inchiesta di Nas e procura
Milano, dopo la denuncia sul mercato nero del Cytotec
ELENA LISA
MILANO
Ricette false, più che medici compiacenti. Timbri contraffatti, firme di dottori dai nomi presi su Internet o inesistenti. E’ soprattutto questo ad alimentare il mercato nero del Cytotec, il farmaco antiulcera usato per procurare aborti e venduto clandestinamente in alcune stazioni del metrò di Milano. C’è un’inchiesta di Nas e procura del capoluogo lombardo, che sulla questione mantengono riserbo. Lo smercio su Internet esiste, ma pesa relativamente, spiegano i carabinieri del Nucleo antisofisticazioni: «Chi si azzarda ad acquistare pastiglie di Cytotec sul web, come il Viagra o altri prodotti del genere – spiega il capitano Paolo Belgi, del nucleo di Milano – rischia di ritrovarsi con prodotti che nel migliore dei casi non hanno effetto o sono addirittura cancerogeni».
Le indagini, definite «avanzate», sono condotte in collaborazione con l’ordine dei farmacisti ai quali è affidato il compito di segnalare casi sospetti. «Il Cytotec si può avere solo con una ricetta medica non ripetibile – dice Andrea Mandelli, presidente dell’Ordine milanese e nazionale -, proprio come nel caso, ad esempio, della pillola del giorno dopo. Siamo i primi ad avere l’interesse a segnalare irregolarità: la prescrizione deve essere fatta dal medico di base che specifica nome e cognome del paziente. E il farmacista ha l’obbligo di conservare l’originale per sei mesi».
Ma la rete che rifornisce lo smercio clandestino c’è, ed è molto attiva. Ne approfittano soprattutto donne incinte, straniere, spesso clandestine, ma anche italiane, qualcuna molto giovane. Nel nostro Paese, nel 2008, gli aborti legali sono stati circa 120 mila, di cui 80mila da parte di donne italiane. Si stima – ma il numero esatto non lo conosce nessuno -, che gli interventi clandestini siano almeno 20mila, con un’impennata al Sud e tra le straniere. «Donne in carriera o in cerca di lavoro, studentesse minorenni, tutte italiane, vengono a chiederci se conosciamo qualcuno che offra “scorciatoie”», dice Caterina Fallanca, psicologa che lavora al Ced di Milano (Centro di educazione demografica), un consultorio laico dove, ogni giorno, arrivano 30, 40 donne in cerca di aiuto.
«Chiedono – racconta – se sappiamo come si recuperino le pillole di Cytotec o se conosciamo ambulatori clandestini, perché le liste d’attesa per una interruzione di gravidanza negli ospedali pubblici sono molto lunghe. Sette medici su dieci sono obiettori di coscienza e questo rallenta la formazione delle équipe». Si tratta, spesso, di donne preparate, che conoscono le possibilità previste dalla legge 194 e le conseguenze penali per chi non la rispetta. Eppure la fretta le rende pronte a rischiare. Come capita alle minorenni: «Vengono qui disperate, perché sono rimaste incinte e non sanno come fare – dice ancora Caterina Fallanca -. Per quelle che sono sole, andare in tribunale ed essere ascoltate da un giudice tutelare, necessario per autorizzare l’intervento al posto dei genitori, è un ostacolo psicologico molto difficile da superare. Qualcosa di ben diverso, insomma, dal caso delle ragazze che vengono qui con la madre o il padre».
Nella rete dei consultori milanesi, però, il fenomeno preoccupa soprattutto chi segue le straniere: «Dicono di avere una gravidanza in atto e chiedono subito indicazioni sul Cytotec – spiega Graziella Sacchetti, ginecologa del «Centro di Salute e ascolto per le donne immigrate e i loro bambini» dell’ospedale San Paolo, a Milano, e che fa parte della Simm, società scientifica italiana di Medicina delle migrazioni -. Le donne vogliono sapere quante pastiglie bisogna assumere, a che ora del giorno e quali le controindicazioni e i rischi. Noi spieghiamo che la funzione del nostro centro non è spingerle all’aborto clandestino e insistiamo perché tengano il bambino. Se non le convinciamo indichiamo l’unica via percorribile: l’aborto legale in ospedale. Ma le straniere, spesso irregolari, temono la denuncia per clandestinità». Proprio com’è accaduto a Marilina, una filippina di 32 anni, che lavora a Milano come colf, senza libretti.
Nel suo Paese ha lasciato due figli e qui è nato il terzo. Alle operatrici del centro ascolto ha spiegato che far nascere quel bambino avrebbe significato perdere il posto. «Le abbiamo spiegato che avremmo potuto aiutarla a tenerlo – racconta la ginecologa – lei ha risposto che ci avrebbe pensato su e se n’è andata. Qualche giorno dopo è ricomparsa e ci ha detto: ho preso il Cytotec, me l’ha venduto un’amica. Oggi ho avuto una perdita, che cosa mi succederà?».

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