Il dicastero della sanità, o della salute, non esiste più, ma l’accorpamento welfare-salute-famiglia è parte di un progetto che fa riferimento all’esperienza della sanità lombarda dove, dalla fine degli anni ’90, la sanità non è più prevenzione e cura ma solo cura, quindi la salute è diventata una merce qualsiasi; infatti in Lombardia non esiste più distinzione tra pubblico e privato, come dimostrano tutti gli accreditamenti indistinti delle strutture private.
Ciò è stato reso possibile prima dall’operazione di "aziendalizzazione", e poi dal tipo di finanziamento della spesa passata dal tipo capitario (pro capite) a quella dei D.R.G. (Diagnoses Related Groups) ovvero a prestazione – cioè ogni intervento sanitario ha un prezzo!
Quest’ultimo ha fatto impennare la spesa sanitaria.
Va da sé che tutte le altre regioni più o meno si sono adeguate al modello formigoniano.
Due elementi hanno minato il diritto alla salute, garantito dall’art. 32 della Costituzione che in materia sanitaria prevede diritti e prestazioni uguali su tutto il territorio nazionale.
Il primo è la riforma del titolo V, o "devolution", che demanda alle regioni l’esclusiva competenza in materia sanitaria: il rischio è quello di avere 21 sistemi sanitari differenti quante sono le regioni. Ma non si sanno a tutt’oggi i livelli essenziali d’assistenza (l.e.a.) che dovrebbero essere universali. Volgarmente questa riforma viene chiamata "regionalizzazione".
Il secondo elemento importante è l’aziendalizzazione delle strutture sanitarie che hanno reso la salute fonte di profitto, come dimostrano gli scandali rilevati – soprattutto in Lombardia – dalla Guardia di finanza nelle strutture private, di cui
qui ne diamo un piccolo assaggio.
Altro elemento importante è che in tutte le finanziarie varate dai governi sia di centro-sinistra che di centro-destra vi è l’abbattimento della spesa pubblica. Questo non permette le assunzioni nelle strutture sanitarie pubbliche in quanto devono contenere i costi.
E’ vero che la sanità pubblica numericamente è maggioritaria, ma ciò non vale per le prestazioni dove il privato ha superato di gran lunga il pubblico.
Con la devolution il governatore della Lombardia – regione-modello per le altre – rivendica a sé il potere di rimodulare le prestazioni attraverso leggi regionali che confliggono con la legislazione nazionale, che resta comunque il quadro di riferimento normativo come dimostra anche la
sentenza del Tar lombardo che rigetta le linee guida emanate da Formigoni in materia di aborti terapeutici.
E’ evidente che l’accorpamento della salute al welfare e alla famiglia prevede di fatto un dirottamento delle risorse soprattutto verso quest’ultima.
Ma chi è il referente ministeriale per la salute in Italia oggi?
Ferruccio Fazio, primario di medicina nucleare e radiologia al S. Raffele di Milano, cioè un uomo dello strapotente
don Verzé…
E la saga nazional-lombarda continua….