Leandro Aletti: ecco come si diventa primari in Regione Sagrestia

Leandro Aletti (vedi foto), primario di ginecologia a Melzo, già beceramente famoso per aver sostenuto che l’aborto è "peggio della bomba atomica" e per aver definito la Ru486 un "pesticida per ammazzare l’uomo" (chissà se ha mai sentito parlare di Seveso e della diossina…) torna all’onore delle cronache per aver insultato le donne in corsia in attesa dell’interruzione di gravidanza.
Ricordiamo che, come abbiamo già avuto modo di segnalare, costui fu già sospeso dal servizio dal servizio nel 1987, quando lavorava alla clinica Mangiagalli di Milano, e denunciato all’Ordine dei Medici nonché condannato per rivelazione di segreto d’ufficio – cioè per aver reso pubblico il nome di una donna a cui era stato praticato un aborto terapeutico.
Sorprende, forse, che nella Regione Sagrestia governata dal ciellino Formigoni un ginecologo con cotanto curriculum vitae sia stato promosso a primario anziché venire espulso a vita dall’Ordine dei Medici? 
A proposito: Leandro Aletti è pure consigliere dell’Ordine dei Medici di Milano. Ma che brillante carriera sulla pelle delle donne! 

4 risposte a “Leandro Aletti: ecco come si diventa primari in Regione Sagrestia”

  1. Milano Ospedale “S. Maria delle Stelle” di
    MELZO
    Via Maffia, 1
    20066 Melzo – MI
    Dr. Leandro Aletti
    Divisione di Ostetricia e
    Ginecologia
    tel. 02/95122332-398
    fax. 02/95122319

  2. RINVIO A GIUDIZIO
    impedi’ un aborto. medico a giudizio
    e’ Leandro Aletti, obiettore della Mangiagalli. convinse nel maggio 1991 una donna di nazionalita’ straniera a proseguire la gravidanza che si interruppe poco dopo

    ————————- PUBBLICATO —————————— E’ Leandro Aletti, obiettore della Mangiagalli TITOLO: Impedi’ un aborto Medico a giudizio – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – MILANO . Blocco’ un aborto terapeutico gia’ in corso, convinse la donna a proseguire la gravidanza, che pero’ s’ interruppe ugualmente, poco dopo. Ora per Leandro Aletti, medico della clinica milanese Mangiagalli, si annuncia un processo penale per violenza privata. Sara’ celebrato a primavera, in pretura. Lo ha deciso il giudice delle indagini preliminari accogliendo le richieste dei pubblici ministeri Serena Baccolini e Fabio Roja, al termine di un’ inchiesta durata un anno e mezzo. Era il maggio del 1991 e una donna, una straniera di 37 anni, aspettava in un letto della clinica Mangiagalli l’ effetto dei farmaci abortivi che aveva gia’ cominciato a prendere per interrompere la sua gravidanza. Dalle analisi risultava infatti che il nascituro sarebbe stato gravemente malformato e non sarebbe addirittura sopravvissuto dopo il parto. Nel pomeriggio il trattamento avrebbe dovuto proseguire sotto la supervisione del medico di turno, il dottor Leandro Aletti, obiettore dichiarato, come consente la legge 194. Secondo l’ accusa, pero’ , il medico spinse oltre il lecito la sua obiezione: ribalto’ sia la diagnosi sia la terapia, assicurando alla donna che non c’ erano deformazioni evidenti sul feto e convincendola a sottoporsi subito a un intervento farmacologico.tampone per fermare l’ aborto gia’ iniziato. Diversa la versione del dottor Aletti, che sostiene di avere semplicemente spiegato alla paziente che il feto non era ancora nella fase terminale e che lui, come medico obiettore, non si sentiva di completare l’ intervento. Ci avrebbe pensato, caso mai, il medico del turno seguente. L’ epilogo fu comunque infausto. Dopo il bombardamento di medicine abortive e relativi antidoti, la gravidanza s’ interruppe lo stesso poco piu’ tardi, con l’ espulsione di un feto che rivelava, in effetti, le temute malformazioni. Dall’ altalena di notizie e trattamenti sanitari, la donna usci’ stremata, soprattutto psicologicamente, e il caso esplose subito all’ interno della clinica milanese, uno degli storici campi di battaglia tra abortisti e antiabortisti. La bagarre, cosi’ , riprese violenta: Aletti fu attaccato in primo luogo dai colleghi di fede opposta che lo accusarono di avere ignorato le diagnosi di quattro citogenetisti sulle deformazioni del feto. Trapelarono indiscrezioni feroci, secondo cui il medico antiabortista avrebbe mostrato alla donna il feto in movimento attraverso l’ ecografo, per convincerla a invertire la terapia iniziata. Ma non avverti’ i sanitari che l’ avevano seguita fino a quel momento. Il dietro.front farmacologico, sempre secondo le accuse, espose la paziente anche a pesanti rischi di emorragie o altri gravi disturbi e conseguenze che, in ogni caso, non si verificarono. Dalla rissa si passo’ a un’ inchiesta amministrativa interna, ma pochi giorni dopo fu lo stesso consiglio d’ amministrazione della Mangiagalli a presentare un esposto al Palazzo di Giustizia, dando il via alle indagini giudiziarie. Perizie, controperizie, testimonianze di medici, di infermieri e degli stessi dirigenti della clinica hanno convinto i due Pm della procura circondariale che il caso non andava archiviato. Del contrastato aborto si parlera’ dunque di nuovo, fra qualche mese, in un’ aula della pretura penale di Milano. E. R.

    Pagina 18
    (27 settembre 1992) – Corriere della Sera

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