A titolo informativo pubblichiamo questo articolo che non ci sorprende affatto in quanto, più che evidenziare un problema di privacy, riflette la disassistenza programmata denunciata quasi un anno fa nell’assemblea milanese di OgO.
I viaggi per l’aborto in Svizzera «Una donna su tre è italiana»
Su 682 aborti eseguiti nel 2008, più di 200 sono stati richiesti da italiane. Picco di interventi in Canton Ticino
MILANO – È italiana quasi una donna su tre, di quelle che hanno interrotto la gravidanza in Ticino lo scorso anno. A lanciare l’allarme sul «turismo abortivo» in Svizzera è stato Carlo Luigi Caimi, avvocato e deputato del Gran Consiglio per il Ppd (la corrente dei democristiani), che giovedì scorso ha presentato una interpellanza al Consiglio di Stato denunciando il totale fallimento della politica di prevenzione del Cantone. I dati sono stati elaborati dall’Ufficio statistica e dall’Ufficio del medico cantonale. Nel 2008 in Ticino sono stati fatti 682 aborti, con un incremento dell’11,25% rispetto all’anno precedente (la tendenza italiana è -3,9%). Nel 33 per cento dei casi le donne erano residenti «all’estero».
Quelle che vivevano nel nostro Paese erano 221. Ancora più nel dettaglio: 206 proprio di nazionalità italiana, le altre cinque straniere. Cinque anni prima, nel 2003, il «turismo» aveva interessato 78 donne. «Queste cifre ci colpiscono e non potevamo osservarle in silenzio. Sul fenomeno abbiamo avanzato diverse ipotesi: uno dei problemi è dato dalla Ru486, che in Italia o non c’è o se ne fa un uso molto limitato. Gioca poi a nostro vantaggio il discorso della privacy, rigorosissimo. A questo aggiungiamo l’efficienza del sistema sanitario e la quasi totale mancanza di tempi di attesa». L’avvocato Caimi legge così le statistiche che ha anticipato nella sua interrogazione parlamentare. La voce «pillola abortiva», dunque, è la più importante nella scelta di andare nel Canton Ticino. Stando alle ultime statistiche, l’interruzione delle italiane è stata farmacologica in 180 casi, chirurgica in 25, e in uno ha richiesto entrambi i metodi. La fascia di età coinvolta va dai 25 ai 29 anni in misura più larga (106), poi dai 30 ai 34 (novantadue) e dai 35 ai 39 (settantotto).
Silvio Viale, il ginecologo del Sant’Anna di Torino che da anni si batte per introdurre nel nostro Paese il farmaco abortivo, sulla materia ha molte cose da dire. «Il fenomeno del turismo non è nuovo. Molte piemontesi si spostano in Francia, così come le liguri. Per la Svizzera ero rimasto fermo ai Cantoni tedeschi. Chi si muove, trova comunque una rete di assistenza al suo rientro, garantita magari dallo stesso medico che ha suggerito il viaggio ». Chi sono queste donne? «Persone che trovano le informazioni su Internet. Che preferiscono spendere da 400 a 600 euro oltreconfine piuttosto che fare le code nei nostri consultori, dove c’è sempre qualcuno che ti può riconoscere o ricordarsi di te. E poi sono donne che non vogliono rischiare la corsa contro il tempo dei pochi ospedali che oggi importano l’Ru486. Dal momento della richiesta alla Francia, in genere, passano 4-5 giorni: basta un imprevisto per far saltare l’aborto con la pillola». L’argomento della discrezione è quello che convince di più Basilio Tiso, direttore sanitario della clinica milanese Mangiagalli, dove negli ultimi mesi i tempi di attesa si sono allungati da 7 a dodici giorni a causa dell’aumento delle richieste. Commenta: «In quei numeri ci vedo semplicemente la voglia di abortire lontano da casa, di nascosto». Ancora, nel 2009.
Elvira Serra_07 aprile 2009
Fonte:http://www.corriere.it/cronache/09_aprile_07/aborto_viaggi_svizzera_elvira_serra_08659c0e-2344-11de-aefc-00144f02aabc.shtml