Nonostante la legge ancora (ma per quanto?) garantisca il diritto all’assistenza sanitaria per tutte/i, compresa l’Ivg, come avevamo già specificato nel vademecum, una donna ghanese sprovvista del permesso di soggiorno è stata arrestata a Treviso dopo un’interruzione di gravidanza in una struttura pubblica.
Questa notizia gravissima, apparsa nel sito della Società italiana di medicina delle migrazioni, ci dice molto sugli effetti collaterali del ‘decreto sicurezza’…
Un accanimento inutile e dannoso. Si presenta in ospedale per sottoporsi ad una interruzione volontaria di gravidanza ma la polizia, al termine dell’intervento, la arresta perche’ irregolare. E’ accaduto a Treviso ad una ragazza ghanese di 20 anni, senza fissa dimora. Il presidente della provincia di Pordenone afferma “La norma che vieta di segnalare alle autorità i clandestini che utilizzano le strutture sanitarie è un’autentica vergogna” e chiede al ministro dell’Interno Maroni di attivarsi per rivedere gli articoli legislativi riguardanti l’assistenza sanitaria a chi risiede illegalmente in Italia. In particolare propone di abrogare la disposizione che prevede il divieto per il personale sanitario di segnalare alle autorità di Polizia i clandestini che richiedono aiuto medico.
La SIMM risponde dal sito di La Repubblica-Metropoli.
fonte: http://www.simmweb.it/
Treviso, ragazza irregolare arrestata dopo aborto
ROMA
–Immigrati irregolari a rischio anche negli ospedali. Oltre all’accesso
alle cure è garantito per legge (articolo 35 del Testo unico
sull’immigrazione) anche l’anonimato: le strutture sanitarie non
possono cioè segnalare alle autorità gli immigrati irregolari che le
utilizzano. Ora però proprio su questo aspetto arrivano alcuni segnali
preoccupanti. Il primo episodio è avvenuto nei giorni scorsi a Treviso,
dove una ragazza ghanese irregolare di 20 anni è stata arrestata in
ospedale dopo aver subito un intervento di interruzione di gravidanza.
La giovane sarebbe stata riconosciuta dai funzionari di polizia in
servizio all’ospedale. Il provvedimento è stato convalidato dalla
magistratura, che ha emesso nei confronti della ragazza, attualmente
ospite di una casa famiglia, un ordine di allontanamento dall’Italia.
Sempre
nel Nord-Est, l’affondo diretto è arrivato dal presidente della
Provincia di Pordenone, Alessandro Ciriani (An-Pdl), che ha chiesto al
ministro dell’Interno Maroni, di attivarsi perché gli ospedali possano
segnalare i clandestini. “La norma che vieta di segnalare alle autorità
i clandestini che utilizzano le strutture sanitarie – afferma Ciriani –
è un’autentica vergogna”. Secondo Ciriani, “è giusto e doveroso
assicurare a tutti le necessarie cure. Altra cosa, però, è garantire il
diritto alla clandestinità, un principio – a suo parere – francamente
inaccettabile”.
Sulla
proposta di introdurre un obbligo di denuncia per i clandestini che si
rivolgono al pronto soccorso è duro il giudizio di Salvatore Geraci,
presidente della Simm, società italiana di medicina delle migrazioni:
“Il rischio è quello della clandestinità sanitaria. Con effetti
gravissimi non solo per i singoli, ma anche per la collettività. La
norma che prevede il divieto di segnalare alle autorità di polizia un
clandestino che viene curato è passata nel 1995, all’interno del
decreto Dini, anche con i voti della Lega nord”.
Era
contenuta, racconta Geraci, in un disegno di legge sponsorizzato dalle
associazioni, ma firmato da di più di trecento parlamentari: “Quel
principio fu introdotto perché si era deciso che era più importante
garantire le cure sanitarie, a tutela del singolo, ma anche della
collettività, che fare un utilizzo improprio degli ospedali.Un ospedale
è un luogo di cura, non può essere usato per l’allontanamento e
l’identificazione”. Secondo Geraci “quell’articolo ha dato ottimi
risultati, dal punto di vista non solo assistenziale ma anche
preventivo. Lo dimostra il fatto che già dal 1996-1997 diversi
indicatori sanitari abbiano avuto un rapido miglioramento. Sono
diminuiti, nella popolazione immigrata, il tasso di incidenza dell’Aids
come quello della Tbc”.
Insomma
“All’epoca fu fatta la scelta di tenere distinti sanità pubblica e
ordine pubblico. E questo non solo per motivi di equità, ma anche
economici. Perché garantire l’assistenza al livello appropriato fa
risparmiare parecchi soldi allo Stato. Viceversa, associare la
possibilità di farsi curare e il rischio di una denuncia, oltre a
essere una scelta umanamente inadeguata, è un errore strategico
gravissimo dal punto di vista della sanità pubblica. Non a caso negli
Stati Uniti non fanno così. E la necessità di tenere distinti ordine
pubblico e salute è stata più volte ribadita anche dall’Unione
europea”. “Chi teme una denuncia si farà curare in modo clandestino.
Avverrà, ancor prima che per l’aborto, per le donne incinte o che
devono partorire, per le malattie infettive, gli infortuni sul lavoro,
l’assistenza ai neonati. Il risultato sarà l’espulsione di queste
persone, non dall’Italia ma dai servizi”.
Sul
caso della ragazza arrestata a Treviso è intervenuta anche l’Aduc,
l’associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori. Quanto
accaduto a Treviso, secondo l’associazione, crea un precedente molto
pericoloso “perché le donne immigrate irregolari abortiranno
clandestinamente, con tutto ciò che comporta per la salute individuale
e pubblica; e perché, per esempio, se un clandestino ha una malattia
infettiva e non si cura per paura di essere espulso, prima o poi
infetterà qualcuno anche non clandestino e non immigrato”.
(c.r.)
(12 settembre 2008)
fonte: http://temi.repubblica.it/metropoli-online/treviso-ragazza-irregolare-arrestata-dopo-aborto/
Nel 2007, in Aprile, una donna rumena incinta di 7 mesi e mezzo, accompagnata dal marito rumeno con regolare permesso di soggiorno, si reca per un controllo all’accettazione della ASL di Badia Polesine (RO). La donna in precedenza ha avuto gravi problemi di salute. Quando il personale dell’accettazione si rende conto che la donna è priva del permesso di soggiorno, le comunica che non può usufruire di alcuna prestazione medica. Alle proteste del marito segue la minaccia di chiamare i carabinieri. Di fronte a questa minaccia (l’addetto aveva già il telefono pronto in mano)la donna e il marito sono stati costretti a scappare. L’epilogo è che la coppia si è dovuta rivolgere alla sanità privata per gli esami. Purtroppo chissà quante altre storie come questa ci sono, il problema è che spesso le persone non possono o hanno paura di denunciarlo.
Qualcuna ha altre testimonianza del genere? cosa si può fare in questi casi? avete dei contatti in veneto su queste questioni? grazie
Maria
La Costituzione italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo. Si tratta di un diritto che deve essere garantito a tutti, anche a coloro che non sono in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno nel nostro Paese (clandestini e irregolari).
Ai cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno sono assicurate, presso le strutture pubbliche e private accreditate, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti ed essenziali, anche in modo continuativo, per malattia e infortunio e gli interventi di medicina preventiva a tutela della salute individuale o collettiva.
Le cure urgenti sono quelle che non possono essere rimandate senza pericolo di vita o danno per la salute della persona; per cure essenziali, invece, si intendono le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non pericolose nell’immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggior danno alla salute o rischi per la vita.
In particolare la legge assicura ai cittadini stranieri irregolari le seguenti prestazioni:
– tutela della gravidanza e della maternità;
– tutela della salute dei minori;
– vaccinazioni obbligatorie;
– interventi di profilassi internazionale;
– profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive.
Per accedere ai servizi sanitari il cittadino straniero deve richiedere, presso qualsiasi presidio sanitario convenzionato (ASL, Pronto Soccorso, ospedali, poliambulatori, consultori, Istituti di cura, ecc.), il tesserino recante il codice STP (Straniero temporaneamente presente).
Ai fini del rilascio del tesserino STP non è necessario esibire un documento di identità ma è sufficiente una dichiarazione delle proprie generalità. Se il cittadino extracomunitario richiede l’anonimato il tesserino può essere rilasciato senza l’indicazione del cognome e nome.
Attenzione
Per non ostacolare l’accesso alle cure mediche del cittadino straniero irregolare ne è vietata la segnalazione alle Autorità di Polizia salvo nei casi in cui sia obbligatorio il referto a parità di condizioni con i cittadini italiani. Il personale medico o paramedico, quindi, non può denunciare la persona che ha bisogno di assistenza, tranne nel caso in cui la denuncia sia obbligatoria per legge (ciò accade ad esempio quando la prestazione sanitaria si è resa necessaria in relazione a reati penali, come nel caso di ferite provocate da un’arma da fuoco).
Il tesserino STP ha validità su tutto il territorio nazionale per 6 mesi ed è rinnovabile in caso di permanenza dello straniero.
Le prestazioni sanitarie sono erogate senza oneri a carico del cittadino straniero privo di risorse economiche sufficienti, salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con gli italiani (es. pagamento ticket). Nel caso in cui l’immigrato sia totalmente sprovvisto di risorse economiche deve dichiarare lo stato di indigenza contestualmente all’assegnazione del codice STP mediante la sottoscrizione di una dichiarazione valevole per sei mesi che lo esonera dal pagamento delle prestazioni sanitarie.
Gli oneri relativi alle prestazioni sanitarie fruite dagli stranieri indigenti sono a carico della ASL nel cui territorio vengono assistiti, anche nel caso in cui siano erogate da strutture accreditate, nonché le quote di partecipazione alla spesa non versate.
Rosanna Caggiano
“La normativa vigente – spiega Aldo Morrone, medico direttore dell’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti – contempla l’assoluto divieto di segnalare l’immigrato irregolare alle forze dell’ordine, a meno che non ci sia presenza di reato. Per l’identificazione basta autocertificare le proprie generalità e non bisogna avere fissa dimora. Dunque, spero che ci sia una spiegazione alla vicenda, perché se l’accaduto è avvenuto in questi termini, sarebbe molto grave. Il medico ha l’unico compito di salvaguardare la salute dell’individuo”.