Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso della Regione Sagrestia sulle linee guida per l’aborto terapeutico, già bocciate dal Tar – ma il ciellino Formigoni non demorde.
In Emilia Romagna si discutono nuove linee guida sull’interruzione di gravidanza che, fra l’altro, aprirebbero definitivamente le porte ai volontari antiabortisti.
E intanto la Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia), in occasione dell’84mo congresso, ha presentato la sua prima indagine nazionale sull’interruzione volontaria di gravidanza, effettuata in 45 centri italiani.
Di seguito riportiamo le dichiarazioni del presidente della Sigo e un articolo che illustra i principali risultati dell’inchiesta.
I ginecologi: medici e manager sanitari ignoranti su contraccezione d’emergenza, pillola del giorno dopo non e’ abortiva
La legge 194 compie trent’anni: tempo di bilanci, che il provvedimento supera con una sufficienza piena per gli aspetti che riguardano il fronte tecnico. Lo rivelano i risultati della prima indagine nazionale sull’interruzione volontaria di gravidanza condotta dalla Societa’ italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), presentati ieri al congresso di Torino. La rilevazione ha preso in esame 45 centri, distribuiti equamente e bilanciati fra grande, piccola e media dimensione, che hanno effettuato da soli il 13,5% delle 127.038 interruzioni volontarie di gravidanza avvenute in Italia nel 2007.
L’applicazione concreta della norma, rivela l’indagine, e’ soddisfacente: positiva la presenza di mediatori culturali, garantita in tre strutture su 4, e buoni anche i tempi d’attesa, pari in media a 3,3 giorni per le urgenze e 13,7 per i casi non urgenti. Una notizia rassicurante, perche’ si tratta di un fattore chiave per ridurre al minimo le complicanze: se a 7 settimane il rischio relativo e’ pari a zero, diventa uno a 8 settimane, 2 a 9, 4 a 10 e cosi’ via, raddoppiando in modo esponenziale con il trascorrere dei giorni. Resta alto, rivela inoltre l’indagine, il numero di obiettori: lo sono il 72% dei medici e il 57% dei primari, ma solo il 39,5% degli ospedali assicura la presenza di personale non obiettore disponibile per ogni turno.
Dando un voto all’applicazione della 194, gli addetti ai lavori riconoscono che esistono comunque margini di miglioramento alla sua applicazione: "In particolare – commenta Emilio Arisi, componente del direttivo nazionale Sigo e responsabile della ricerca – l’anestesia locale, indicata nelle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanita’ (Oms), e’ prevista solo nel 34,2% dei centri e, nel nostro campione, e’ stata di fatto applicata solo nel 17,02% dei casi. Si privilegia, invece, l’anestesia generale, potenzialmente piu’ rischiosa e maggiormente dispendiosa".
Altra nota dolente e’ il rapporto diretto fra ospedale e consultorio: "I protocolli di collaborazione, esistenti nel 71% dei casi, spesso vivono solo sulla carta – denuncia Giovanni Monni, presidente dell’Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri (Aogoi) – Nel 73% dei casi e’ la stessa paziente a effettuare la prenotazione, a fronte del solo il 23% in cui provvede il consultorio".
"In questi trent’anni sono profondamente mutati i bisogni e l’identikit delle donne che chiedono l’interruzione di gravidanza – aggiunge Giorgio Vittori, presidente della Sigo – Ad esempio, il 32% degli aborti in Italia riguarda donne immigrate, ben il 42,08% del nostro campione. Per questo la Societa’ ha ritenuto necessario condurre un’indagine tecnica, al di la’ delle ideologie, per verificare l’effettiva applicazione della legge. La donna che compie la dolorosa scelta di abortire merita di essere tutelata il piu’ possibile, e la 194, pur se perfezionabile, resta in questo senso una norma efficace".
Oltre all’applicazione della legge sull’aborto, al centro del congresso torinese anche la depressione post partum e la salvaguardia della fertilita’, un tema che la Societa’ vuole promuovere soprattutto sensibilizzando le piu’ giovani.
Per questo la Sigo ha scelto di utilizzare nuovi linguaggi, fra cui ‘you tube’ e una fiction in 3D, pensata appositamente per le under 30. Si chiama ‘Aurora alla scoperta della fertilita’ e sottolinea, in particolare, la necessita’ di proteggersi dalle malattie sessualmente trasmissibili, importante fattore di rischio di infertilita’, e di pianificare per tempo le scelte riproduttive, compatibilmente con le altre esigenze della donna.
"Questo video – conclude Vittori – si inserisce nel solco di una serie di attivita’ rivolte alle piu’ giovani, che stiamo realizzando in particolare con la nostra campagna ‘Scegli tu’. Un obiettivo che ci vede impegnati nell’utilizzo di linguaggi e media innovativi, per rendere piu’ ‘comprensibili’ i nostri messaggi", conclude il presidente della Sigo.
‘Sulla contraccezione d’emergenza c’e’ confusione e cattiva informazione, tra la gente ma anche tra i medici. Alcuni di loro pensano che si tratti di aborto, invece non e’ cosi’, come provano recenti studi’, ha commentato Vittori a riguardo della cosiddetta pillola del giorno dopo. ‘Di sicuro – ha commentato Vittori – c’e’ qualcosa che non va se dal 2006 al 2007 non e’ lievitato il consumo di contraccettivi tradizionali mentre si e’ avuto un aumento brusco della contraccezione d’emergenza, con un incremento di 53 mila confezioni su 370 mila in un anno’. Per il presidente della Sigo ‘si e’ fallito sul piano della comunicazione, non si e’ fatto capire che questa pillola e’ l’ultimo paracadute della contraccezione. Non puo’ diventare un sistema contraccettivo abituale’. Ma Vittori non nega che vi sia anche un problema di difficolta’ di prescrizione della pillola del giorno dopo. ‘Molti medici pensano che sia assimilabile all’aborto e questa confusione esiste anche tra i manager della sanita’, che hanno paura che la prescrizione del farmaco possa essere usata contro di loro. Anche molti giovani ginecologi a contratto hanno questa paura’. Per fare chiarezza la Sigo ha avviato alcune campagne di informazione.
7 Ottobre 2008
fonte: http://www.aduc.it/dyn/salute/noti.php?id=235582
I MEDICI GIUDICANO LE NORME SULL’IVG A TRENT’ANNI DALLA LORO ENTRATA IN VIGORE LE CIFRE: DIMINUITO IL NUMERO DEGLI INTERVENTI LEGALI. I TEMPI DI ATTESA SONO SEMPRE PIÙ LUNGHI
194, aumentano gli obiettori «Tanti gli aborti clandestini»
I ginecologi: 15 mila tra le italiane
Il 22 maggio del 1978 l’Italia approvava la legge 194. L’interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) diventava legale. Prima della 194 gli aborti clandestini venivano stimati in oltre 250.000 all’anno. Oggi, purtroppo, se ne fanno ancora 15 mila. Perché? A 30 anni di distanza sono i ginecologi italiani a tracciare il bilancio di come la 194 è applicata. Domani a Torino, durante l’84mo congresso della Sigo (si chiuderà l’8 ottobre) che riunisce tremila specialisti provenienti da tutt’Italia, verrà presentata un’indagine effettuata in 45 centri italiani. Ecco qualche numero. Nel 2007 sono state effettuate 127.038 interruzioni, con un decremento del 3% rispetto al dato definitivo del 2006 (131.018 casi) e un decremento del 45,9% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all’aborto (234.801 casi). Nel corso degli anni è andato crescendo il numero degli interventi effettuato da donne straniere, raggiungendo nel 2006 il 31,6% del totale, mentre, nel 1998, tale percentuale era del 10,1%. «Questo fenomeno — dice Giorgio Vittori, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia — nasconde la diminuzione del ricorso all’Ivg in atto tra le donne italiane». Comunque, nell’applicazione della 194, non mancano gli spunti negativi su cui riflettere: tra i medici aumentano gli obiettori, vi sono ancora aborti clandestini, vanno migliorati i rapporti ospedali-consultori, sono in aumento gli aborti nelle minorenni. Gli aborti clandestini si fanno ancora nonostante la legge. La stima è di 15.000: il dato riguarda solo le italiane, in quanto non si dispone di stime affidabili per le donne straniere.
E il numero potrebbe salire a 30 mila se si conoscesse la situazione delle immigrate, soprattutto clandestine. Sono peraltro cresciuti i procedimenti penali per aborto clandestino: dai 26 del 1995, ai 41 del 2007. Nel 1997, il 37% dei procedimenti penali riguardava medici, dato sceso al 17% nel 2007. Aumenta quindi il numero di aborti fuorilegge praticati da paramedici, «mammane», ecc. «È frutto della forte presa di posizione di noi ginecologi nel condannare le illegalità — commenta Giovanni Monni, presidente dei ginecologi ospedalieri (Aogoi) —. I dati sul ricorso all’aborto fuori dalle strutture sanitarie restano però allarmanti». Ed emerge un fenomeno nuovo: l’aborto «fai da te». Conferma Monni: «Si tratta di Ivg con pillole acquistate su internet o in mercati illegali. Fra le più diffuse le prostaglandine, antiulcera che possono avere un effetto abortivo soprattutto all’inizio della gravidanza, con elevato rischio di emorragie e infezioni». L’Italia, inoltre, è agli ultimi posti nel mondo occidentale nell’uso di metodi contraccettivi. Motivi? Per scelta (53%), scarsa conoscenza (38%), errato utilizzo (9%). La pillola, che ha rappresentato una svolta culturale ed epocale per la sessualità della donna, è molto poco usata nel nostro Paese. Ancor meno usato il preservativo. Tra gli effetti nefasti, l’aumento degli aborti tra le minorenni. «Cresce fra le minorenni — aggiunge Vittori —. E aumentano quelle con meno di 14 anni che abortiscono: dallo 0,5% del totale nel 1995 all’1,2% nel 2005». La maggior parte di richieste al giudice da parte delle minorenni arriva da 17enni (il 50,2%) e 16enni (30,3%). Ma le 14enni sono il 4,2%. «Complessivamente — spiega Vittori — l’età media è passata dai 17 anni del 1995 ai 16 anni e 9 mesi del 2005». Nell’applicazione della 194 qualcosa non va anche nelle strutture. «In particolare — commenta Emilio Arisi, responsabile della ricerca Sigo — solo nel 34,2% dei centri viene oggi garantito di poter eseguire l’intervento in anestesia locale. Resta più diffusa l’anestesia generale, più pericolosa e maggiormente dispendiosa. Altra nota dolente è il rapporto diretto fra ospedale e consultorio: i protocolli di collaborazione, esistenti nel 71% dei casi, spesso vivono solo sulla carta. Nel 73% dei casi è la stessa paziente ad effettuare la prenotazione, a fronte di solo il 23% in cui provvede il consultorio».
In aumento anche i tempi di attesa tra il rilascio della certificazione e l’intervento, un dato legato anche all’altissimo numero di obiettori dentro gli ospedali: il 72% dei medici e il 59% dei primari, e solo il 39,5% degli ospedali assicura la presenza di personale non obiettore disponibile per ogni turno. Qualcuno paventa anche che in alcune Regioni «la carriera si giochi a favore di chi obietta». Obiettori in aumento? A livello nazionale, per i ginecologi si è passati negli ultimi anni dal 58,7% al 69,2%; per gli anestesisti dal 45,7% al 50,4%. In alcune Regioni l’aumento è molto rilevante, soprattutto nel Sud. In Campania gli obiettori sono quasi raddoppiati (i ginecologi sono passati dal 44,1% all’83%; gli anestesisti dal 40,4% al 73,7%; il personale non medico dal 50% al 74%). In Sicilia, i ginecologi obiettori sono saliti dal 44,1% all’84,2% e gli anestesisti dal 43,2% al 76,4%. Ma anche al Nord. In Veneto, l’obiezione è superiore al dato nazionale: 79,1% dei ginecologi; 49,7% degli anestesisti; 56,8% del personale non medico. «Anche trent’anni fa, comunque — commenta Mario Campogrande, presidente del Congresso —, erano prevalenti gli obiettori rispetto a chi applica la legge». Certo se aumentano ancora potrebbero esserci problemi organizzativi. Già oggi vi sono migrazioni in centri della stessa città o addirittura in Regioni dove i numeri di operatori sono adeguati. «E l’importante — conclude Vittori — è che non si creino discriminazioni a svantaggio delle donne». Ma c’è chi vede in questi dati una delle concause di tempi d’attesa ben oltre il consentito in certe Regioni del Sud e di quei 15 mila aborti clandestini. Soprattutto le minorenni potrebbero ricorrere alle «mammane» o a Internet per risolvere il «problema». Anche perché la cosiddetta pillola del giorno dopo, che non è quella abortiva, incontra ostacoli nel nostro Paese: non è facilmente reperibile come in buona parte d’Europa. Riguardo, infine, alla RU-486 (la pillola abortiva) utilizzata in cinque Regioni (Trento, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Puglia), nel 2007 è stata utilizzata per 1.070 aborti (erano stati 1.151 nel 2006). Conseguenze negative per la salute delle donne? Non ne risultano.
Mario Pappagallo, 06 ottobre 2008