L’intervento terapeutico negato a una paziente ricoverata al San Camillo di Roma
L’unico anestesista non in ferie è obiettore e si è rifiutato di operare
La diagnosi prenatale parla di "feto idrocefalo e displasia renale bilaterale"
di LAURA SERLONI
ROMA – Tutti in ferie gli anestesisti non obiettori del centro per le Interruzioni volontarie di gravidanza dell’ospedale San Camillo-Forlanini. E una donna resta bloccata quattro lunghi giorni in astanteria, aspettando l’aborto terapeutico. Dolori lancinanti e stress, ma nessuno interviene. Tutto rimandato a lunedì. Nella speranza che, nel pieno della settimana ferragostana, si trovi un medico non obiettore disponibile a infilarsi il camice.
La diagnosi, stilata da un centro di Verona specializzato in analisi prenatale, è chiara. Parla di "feto idrocefalo e displasia renale bilaterale". In altre parole il cervello del piccolo sarebbe pieno di liquido amniotico e proprio per la malformazione ai reni non riuscirebbe a respirare fuori dal grembo materno. La patologia è stata riscontrata solo al quinto mese di gravidanza. E l’unica soluzione prospetta dai sanitari è l’aborto terapeutico, ma i tempi sono strettissimi. Per la legge 194, l’interruzione di gravidanza non può essere eseguita oltre la ventiduesima settimana. Restano quattordici giorni, durante i quali bisogna riuscire a trovare un centro per l’intervento.
L’ospedale più vicino per la donna è quello di Borgo Roma nel veronese. "Nonostante i numerosi referti che indicano la gravissima patologia – racconta il marito – volevano far fare a mia moglie altri accertamenti e protrarre i tempi. Ma le condizioni erano così critiche che rimandare ulteriormente l’intervento mi sembrava una follia. Così ci hanno consigliato di venire al San Camillo, ma qui la nostra via crucis continua".
La paziente martedì arriva a Roma. Non ci sono stanze. O meglio, nel reparto di Ostetricia è disponibile un solo letto per l’interruzione volontaria di gravidanza. Per la carenza di infermieri non c’è posto nel padiglione di Ginecologia. Il giorno dopo la trentenne viene ricoverata con urgenza. Passano le ore. Niente. Le vengono somministrati farmaci per indurre il parto, ma l’utero non si allarga. Nel sangue è alta la concentrazione di medicinali. La pressione arteriosa è flebile. Per i sanitari, l’unica soluzione è l’intervento chirurgico. Occorre l’epidurale per garantire l’effetto sedante. Ma nell’ospedale non si trovano anestesisti, sono in vacanza e sul piano delle presenze la scritta "in ferie" corre sui vari nomi.
L’unico di turno, obiettore di coscienza, si rifiuta di procedere. Quindi, l’operazione è rinviata. A quando non si sa. Gli spasmi sono lancinanti. Gli antidolorifici fanno effetto, ma la donna è costretta a restare sdraiata, immobile nel letto, ancora per giorni. Il fine settimana è off limits. Si ferma anche la somministrazione di farmaci per indurre il parto perché il sangue si depuri. "Se ne riparlerà lunedì", tagliano corto i medici.
"Non mi hanno dato nessuna certezza – si sfoga la paziente – e la cosa assurda è che sono in balia del caso e delle vacanze dei sanitari. Finora mi sono solo sentita ripetere "si vedrà". Non mi hanno dato dei tempi certi e il termine per eseguire l’aborto scade giovedì, poi sarò costretta a tenere il bambino fino al nono mese, ma nascerà comunque morto. Se volessi cambiare ospedale dovrei ricominciare tutto daccapo: altri accertamenti, nuove visite, ancora impegnative e ulteriori affanni. Così molte donne sono costrette ad andare all’estero, dove tutto sembra più semplice". Insomma, gli stessi problemi sono rimandati all’inizio della settimana prossima, sperando che allora scendano in campo anestesisti non obiettori. Altrimenti bisognerà aspettare ancora.
fonte: repubblica
a quanto pare per riuscire ad abortire ora bisogna muovere i giornali, ma questo la 194 non lo dice…
e dopo qualche ora sempre su repubblica, la cittadinaza tutta scopre che l’intervento e’ stato eseguito.