Inchiesta sul business della sanità in Italia

Le mani sulla sanità

di Paolo Biondani e Daniela Minerva

 

Cento miliardi l’anno. È il costo della salute in Italia. Una torta da spartire per la politica. Tra nomine, appalti e rimborsi a privati. Un business che sempre più spesso finisce nel mirino della magistratura

Oggi è in cronaca l’Abruzzo. Un mese fa c’era la Lombardia. Prima il Piemonte, la Puglia, il Lazio, la Calabria: da almeno 15 anni, decine di indagini giudiziarie documentano migliaia di truffe, sprechi, clientelismi, favoritismi, disservizi, frodi criminali, corruzioni e infiltrazioni mafiose. La salute degli italiani muove un giro d’affari di oltre 100 miliardi di euro. Che molti vedono come una torta da spartire. E i pm di Milano che indagano sulla Santa Rita e le altre "cliniche degli orrori", in un’audizione segreta al Senato, finiscono col descrivere la sanità come «un sistema che fa diventare i reati una prassi».


Come è potuto succedere?
Da un lato c’è un flusso continuo, e da decenni in crescita, di denaro pubblico a disposizione per appalti, convenzioni con strutture accreditate, gente da assumere. Dall’altra ci sono i partiti alla guida delle Regioni, che stringono la morsa su ospedali e Asl attraverso il loro plenipotenziario, il direttore generale. Dopo la legge Bindi di riforma del Servizio sanitario nazionale del 1999, il manager è nominato dal governatore, quindi dalla politica, ed è lui che decide tutto: dai contratti alla scelta dei primari. In mezzo ci sono i medici, che maledicono quella legge che ha tolto loro tutto il potere e li ha messi nelle mani della politica; e i malati, che in molte parti d’Italia fanno sentire la loro voce e minacciano chi li governa, ma in molte altre no. Leggi tutto “Inchiesta sul business della sanità in Italia”

Guerra sulla pillola del giorno dopo in Puglia

L´assessore ordina: "Sarà distribuita in tutti gli ospedali pugliesi"


Il pronto soccorso generale del Policlinico di Bari distribuirà da oggi la pillola del giorno dopo. E lo stesso dovranno fare, il prima possibile, anche tutte le strutture d´emergenza degli ospedali pugliesi. A disporlo è stato direttamente l´assessore alla Sanità, Alberto Tedesco, dopo l´interrogazione presentata da due consiglieri regionali di maggioranza. «Visto che il pronto soccorso di ginecologia, e in particolare il suo primario Giuseppe Varcaccio, pongono problemi, ho chiesto al direttore sanitario del Policlinico, Dattoli, di disporre ad horas la distribuzione del farmaco al pronto soccorso generale. L´unico interesse in questo momento – spiega Tedesco – è tutelare il diritto delle donne affinché possano accedere a quel tipo di farmaco che non è abortivo, ma contraccettivo. In un secondo momento poi si valuterà se la decisione di Varcaccio è legittima».  Leggi tutto “Guerra sulla pillola del giorno dopo in Puglia”

ABORTIRAI CON DOLORE

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Mentre tutti i giornali titolano un sempre piu’ delirante monito alla vita di Ratzinger di fronte ai papaboys di Sydney giunge notizia che all’ospedale Niguarda di Milano un anestesista obiettore nega assistenza a una donna dopo un intervento per un aborto terapeutico.

Abbiamo già denunciato come il sistema lombardo della lottizzazione della sanità abbia permesso a CL di colonizzare i vertici dell’ospedale di Niguarda (inchiesta sugli ospedali milanesi: l’ospedale maggiore di niguarda) e quali ne sono stati i primi effetti discriminanti soprattutto nei confronti delle donne.
Purtroppo, dobbiamo registrare un nuovo caso di abuso da parte di chi si trova ad avere potere su una donna sottoposta, in questo caso, ad aborto terapeutico. Il caso è dello scorso 8 luglio; una donna ucraina di 30 anni, in preda a dolori fortissimi causati dai primi interventi per l’induzione dell’aborto terapeutico, si ritrova come unico medico autorizzato a somministrarle l’antidolorifico un anestesista obiettore di coscienza, che glielo nega.

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Aborti illegali a Napoli – arrestati tre medici e un’infermiera

L’accusa e’ di associazione a delinquere per interruzioni di gravidanza, Un ginecologo e’ indagato anche per violenza sessuale nei confornti di una paziente

Napoli, praticavano aborti illegali


arrestati tre medici e un’infermiera

NAPOLI – Tre medici e un’infermiera sono stati arrestati a Napoli con l’accusa di aver praticato aborti clandestini. Sono ritenuti responsabili di aver violato la legge 194 e di aver messo in piedi un’associazione a delinquere per praticare interruzioni di gravidanza illegali, in ambiente non ospedaliero e anche oltre il limite imposto per legge della dodicesima settimana. Leggi tutto “Aborti illegali a Napoli – arrestati tre medici e un’infermiera”

Sanità razzista

INTOLLERANZA A BRESCIA

"Non ti curo, voi rom mi fate schifo"

Interrogazione su un medico Asl

La pesantissima frase rivolta da una dottoressa a una rom malata da anni arriva in parlamento grazie a un’interpellanza dell’ex sindaco Paolo Corsini

BRESCIA, 11 giugno 2008 – NON TI CURO perchè voi rom mi fate schifo". E’ la pesantissima frase con cui una dottoressa dell’Asl di Brescia potrebbe aver negato le cure a una donna rom.

Per cercare di far luce su quanto sarebbe effettivamente accaduto i parlamentari del Pd Paolo Corsini e Pierangelo Ferrari hanno presentato un’interrogazione urgente al Ministro del lavoro, salute e politiche sociali e al Ministro delle Pari Opportunità.

I due parlamentari sono venuti a conoscenza di quanto sarebbe accaduto da un’inchiesta pubblicata da un quotidiano locale di Brescia. E’ stata la donna, che si chiama Luisa, malata seriamente da 4 anni e madre di 5 figli, uno dei quali con seri problemi di salute a riferire alla giornalista bresciana quanto le avrebbe detto la dottoressa dell’Asl. Nell’interrogazione urgente Corsini e Ferrari chiedono se non si ritenga d’aprire "un’inchiesta al fine di verificare la veridicità di quanto riferito dal quotidiano". 

E "QUALORA LA veridicità fosse confermata, un fatto d’estrema gravità, offensivo della dignità della persona, inqualificabile oltre che assai rilevante sotto il profilo del mancato espletamento delle responsabilità deontologiche connesse all’esercizio della professione medica, quali misure intendano assumere affinchè i dirigenti dell’Asl bresciana intervengano nei confronti del medico in questione". 

di MARIO PARI

fonte: http://qn.quotidiano.net/2008/06/11/96157-curo_fate_schifo.shtml

Truffe, stupri, omicidi: è questo il modello sanitario lombardo?

Abbiamo già trattato in precedenza la questione ‘sporca’ della sanità in Lombardia, ma negli ultimi giorni sta emergendo un quadro ancora più raccapricciante sulla sanità milanese, in particolare per quanto riguarda le strutture sanitarie accreditate. Ormai stiamo andando ben oltre ‘sanitopoli‘…


Riportiamo qui alcuni articoli tratti da quotidiani sui fatti più recenti, che parlano di stupri, truffe e omicidi, a cui ci sembra importante affiancare l’intervento di Formigoni  al convegno del 1 aprile 2005 dal significativo titolo ‘Medici alla sbarra‘, organizzato proprio dalla Regione Sagrestia. Vi invitiamo anche a prendere visione dei capp. 3 e 4 del ‘Libro bianco sulla fine del ruolo trainante della Lombardia‘, dove sono analizzati il concetto di ‘Welfare Society’ (secondo la Compagnia delle Opere, poi inquisita in Veneto) in opposizione a quello di Welfare State e i punti caratterizzanti del modello sanitario formigoniano. 

 

Scarica qui la mappa della sanità privata in Italia. 

Inchiesta sugli ospedali milanesi. Clinica Mangiagalli: un’“isola di civiltà”?

Quando lo scorso 14 febbraio in molte città italiane le femministe e le lesbiche scesero in piazza per contestare contro l’irruzione poliziesca nel Policlinico di Napoli in cerca di una donna accusata di “feticidio” (!!!!!), noi organizzammo un presidio non autorizzato contro l’abiezione di coscienza sotto la Clinica Mangiagalli.

Contestando la nostra scelta, una esponente della Rete 194Ragioni in una mail definì la Mangiagalli un’“isola di civiltà”, invitando le donne (e gli uomini) a partecipare al presidio autorizzato indetto in contemporanea dalla Rete in piazza S. Babila, non lontano dalla Prefettura, dove una delegazione sarebbe andata a consegnare una lettera al Prefetto. 

Certo, dal disastro di Seveso per anni la Mangiagalli era stata senza dubbio una clinica rispettosa dell’autodeterminazione delle donne, ma le cose col tempo erano molto cambiate. 

Così avevamo scelto quel luogo e quella modalità proprio perché ci sembrava assai significativo, sia per la ultraventennale presenza del Centro aiuto alla vita-Cav, superfinanziato da Regione e Comune, in un locale interno alla struttura ospedaliera (la cui presidente, Paola Bonzi si sarebbe, da lì a breve, candidata nella lista di Ferrara), sia per le posizioni assunte qualche settimana prima da Alessandra Kustermann (ginecologa, responsabile del Servizio diagnosi prenatale e del Soccorso violenze sessuali, nonché promotrice dello Sportello contro i maltrattamenti all’interno dell’ospedale stesso, nonché in tempi non sospetti sostenitrice dell’introduzione della RU486 e della necessità di un osservatorio sulla violenza contro le donne) a favore delle linee guida di Formigoni sugli aborti terapeutici – linee guida ‘partorite’ in quello stesso ospedale – sia per il cambio della guardia sulla 194 seguito alla morte di Pardi, primario non obiettore (ma paradossalmente favorevole alla presenza dei volontari antiabortisti in corsia, fatto su cui si scontrò anche con Kustermann), sia per infinite altre ragioni tra cui l’attivazione delle “culle per la vita”, moderna versione – videosorvegliata! – della “ruota degli esposti”.

Insomma, per stare lì sotto a contestare sia l’abiezione di coscienza che i giochi politici fatti sui corpi e le vite delle donne di ragioni ce n’erano a iosa, e ancora oggi ce ne sono per pubblicare una scheda informativa su questo ospedale che con le “isole di civiltà” ci pare avere ben poco a che spartire, come ci conferma anche la reazione di Kustermann alla sentenza con cui il Tar Lombardo ha rigettato le linee guida formigoniane.


Il mistero del ministero scomparso…

Il dicastero della sanità, o della salute, non esiste più, ma l’accorpamento welfare-salute-famiglia è parte di un progetto che fa riferimento all’esperienza della sanità lombarda dove, dalla fine degli anni ’90, la sanità non è più prevenzione e cura ma solo cura, quindi la salute è diventata una merce qualsiasi; infatti in Lombardia non esiste più distinzione tra pubblico e privato, come dimostrano tutti gli accreditamenti indistinti delle strutture private. 
Ciò è stato reso possibile prima dall’operazione di "aziendalizzazione", e poi dal tipo di finanziamento della spesa passata dal tipo capitario (pro capite) a quella dei D.R.G. (Diagnoses Related Groups) ovvero a prestazione  – cioè ogni intervento sanitario ha un prezzo!
Quest’ultimo ha fatto impennare la spesa sanitaria. 
Va da sé che tutte le altre regioni più o meno si sono adeguate al modello formigoniano.
Due elementi hanno minato il diritto alla salute, garantito dall’art. 32 della Costituzione che in materia sanitaria prevede diritti e prestazioni uguali su tutto il territorio nazionale. 
Il primo è la riforma del titolo V, o "devolution", che demanda alle regioni l’esclusiva competenza in materia sanitaria: il rischio è quello di avere 21 sistemi sanitari differenti quante sono le regioni. Ma non si sanno a tutt’oggi i livelli essenziali d’assistenza (l.e.a.) che dovrebbero essere universali. Volgarmente questa riforma viene chiamata "regionalizzazione".
Il secondo elemento importante è l’aziendalizzazione delle strutture sanitarie che hanno reso la salute fonte di profitto, come dimostrano gli scandali rilevati  – soprattutto in Lombardia – dalla Guardia di finanza nelle strutture private, di cui qui ne diamo un piccolo assaggio.
Altro elemento importante è che in tutte le finanziarie varate dai governi sia di centro-sinistra che di centro-destra vi è l’abbattimento della spesa pubblica. Questo  non permette le assunzioni nelle strutture sanitarie pubbliche in quanto devono contenere i costi. 
E’ vero che la sanità pubblica numericamente è maggioritaria, ma ciò non vale per le prestazioni dove il privato ha superato di gran lunga il pubblico.
Con la devolution il governatore della Lombardia – regione-modello per le altre – rivendica a sé il potere di rimodulare le prestazioni attraverso leggi regionali che confliggono con la legislazione nazionale, che resta comunque il quadro di riferimento normativo come dimostra anche la sentenza del Tar lombardo che rigetta le linee guida emanate da Formigoni in materia di aborti terapeutici.
Tra l’altro è curioso rilevare che nonostante la ‘scomparsa’ del ministero trovi dissensi oltre che nell’associazione dei medici dirigenti  anche nei due schieramenti politici, non cambia nulla.
E’ evidente che l’accorpamento della salute al welfare e alla famiglia prevede di fatto un dirottamento delle risorse soprattutto verso quest’ultima.
Ma chi è il referente ministeriale per la salute in Italia oggi?
Ferruccio Fazio, primario di medicina nucleare e radiologia al S. Raffele di Milano, cioè un uomo dello strapotente don Verzé
E la saga nazional-lombarda continua….

OgO alla due giorni femminista e lesbica di Bologna (14-15 giugno)

Si avvicina il nuovo appuntamento dei collettivi femministi e lesbici.

Il 14 e 15 giugno saremo in tante a Bologna per continuare il percorso cominciato con la manifestazione Contro la violenza maschile sulle donne del 24 novembre ’07 a Roma. 

Allo scorso incontro l’assemblea plenaria di Flat – Femministe e lesbiche ai tavoli – aveva assunto la campagna Obiettiamo gli obiettori a livello nazionale. E OgO sarò presente anche a questo nuovo appuntamento, come potete leggere nella mail di Maistat@zitt@ inviata in lista Sommosse.


 

Carissime compagne,


dopo la nostra scorsa email sulla due giorni bolognese abbiamo continuato a discutere fra noi le modalità con cui vorremmmo partecipare e, ragionando a partire dalle pratiche che abbiamo messo in campo, abbiamo pensato di portare il lavoro svolto fino ad ora dal nostro collettivo in tutti gli ambiti di discussione proposti dalle compagne di Bologna. 


Pensiamo, infatti, che i dibattiti e i relativi documenti scaturiti dai tavoli romani siano la base su cui fondare questo incontro bolognese, che dovrebbe permettere di scambiare le esperienze e le pratiche con cui nei singoli territori sono stati fatti propri e tradotti in azione i contenuti dello scorso incontro di Flat. 


Obiettiamo gli Obiettori è stata per noi espressione non solo di una ricerca e di un lavoro sul territorio, ma anche di un’analisi, insieme ad altre donne italiane e migranti, sulla discriminazione subita dalle donne che ricorrono all’IVG o all’aborto terapeutico. Allo stesso modo, il corso di autodifesa per donne che organizziamo annualmente a Milano individua il nodo del riconoscimento e del rifiuto della violenza verbale, fisica e psicologica attraverso un’azione collettiva autodeterminata.


Riteniamo che la campagna OgO e il corso di autodifesa per donne si inseriscano, quindi, in un dibattito complessivo sulle pratiche politiche e sulle proposte alternative non solo per individuare e combattere efficacemente la violenza e l’emarginazione imposte dal patriarcato ma soprattutto per elaborare e cercare di attuare quello che è il nostro punto di vista, il nostro immaginario, la nostra idea di vita.


In questo senso la riunione ‘a latere’ sulla campagna contro gli obiettori può servire come semplice passaggio di informazioni o momento di confronto organizzativo con chi vuole saperne di più, e su questo chiediamo alle  compagne interessate di pronunciarsi per stabilire insieme come organizzare questo spazio. 

D’altra parte porteremo la nostra esperienza di OgO e di autodifesa in tutti i tavoli a cui parteciperemo.


Ringraziamo le compagne bolognesi, in cui abbiamo grandissima fiducia, per quanto stanno facendo sul piano organizzativo sia per la due giorni che per la manifestazione


Contate pure sulla nostra disponibilità per qualsiasi aiuto pratico possa essere necessario durante le due giornate: del nostro collettivo saremo presenti almeno in 6.

Saluti a tutte


Collettivo Maistat@zitt@ – Milano

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Rianimazione dei feti: evidenze vs credenze

Lo scorso febbraio, ricorderete, alcuni ginecologi romani presentarono un documento sulla rianimazione dei feti prematuri, buttando in questo modo altra benzina sul fuoco – anzi, sul rogo – della 194. Secondo il loro punto di vista, i feti in grado di sopravvivere andavano rianimati, indipendentemente dal parere della madre (d’altra parte che parere può esprimere un contenitore?).
Quel documento, accompagnato dal plauso dei soliti pro-life-costi-quel-che-costi, suscitò polemiche (vedi qui e qui) in ambito medico, critiche e anche un po’ di sana ironia.
A pochi mesi di distanza il sottosegretario (il maschile, qui, è d’uopo) al Welfare Eugenia Roccella, portavoce del Family Day con Savino Pezzotta e sostenitrice del ‘tagliando alla 194‘, commentando la nuova normativa su fecondazione umana ed embriologia varata dal parlamento inglese torna all’attacco. E afferma che "Non si è voluto abbassare il limite per l’interruzione di gravidanza, attualmente a 24 settimane, nonostante le nuove tecniche mediche offrano buone possibilità di sopravvivenza ai prematuri già a 22 settimane", rilanciando in questo modo una questione che speravamo, forse ingenuamente, fosse chiusa una volta per tutte anche dati gli autorevoli pareri scientifici espressi da più parti.
E invece no: rieccoci qui a fare i conti con le manie di onnipotenza della ‘vita a tutti i costi’. Ma che aspettativa di vita e di qualità della vita ha un feto di pochi mesi, sia esso prodotto di un aborto terapeutico o di un parto prematuro? 
Lo spiega una compagna ostetrica in un’intervista rilasciata alla trasmissione Sulla breccia dell’onda di Radio Onda Rossa, parlandoci della sua esperienza in ospedale.